La Serracchiani sta con Franceschini

Debora Serracchiani

In realtà speravo proprio che si candidasse lei, magari alla guida del movimento dei cosiddetti “piombini”.

Però sono contento dell’intervista che ha rilasciato a La Repubblica, nella quale ad esempio dice:

Che cosa non le piace di Bersani?
“Rappresenta l’apparato. In tutto, linguaggio compreso. Parlano ancora di piattaforma programmatica, un’espressione che proprio non si può più sentire. Non mi sono piaciuti i modi della sua candidatura. Da un anno è un candidato a prescindere, come direbbe Totò. A prescindere dall’avversario, dal segretario in carica, dal risultato elettorale, da tutto”.

Quindi, non ha avuto dubbi a schierarsi con Franceschini?
“Nemmeno mezzo. Di qua c’è il progetto del Pd, dall’altra parte c’è D’Alema. Io sto col Pd”.

Io ho grande stima di Bersani per le ottime cose che ha fatto durante l’ultimo governo Prodi e per quello che dice. Però non riesco a sopportare D’Alema, non ci riesco proprio, fin da quando ha fatto cadere il primo Prodi per diventare lui stesso Primo Ministro. L’alleanza tra Bersani e D’Alema, quindi, mi mette in profonda difficoltà.

Il rumore che ha già sollevato questa intervista e, in particolare, la critica a D’Alema, dimostra già quanto la critica stessa fosse puntuale. Ancora una volta Debora è riuscita a dire quello che tantissimi elettori pensano e nessuno del PD ha il coraggio di dire apertamente, così come era successo in quel fantastico discorso che l’ha resa celebre.

C’è bisogno di persone così per poter credere ancora nel PD.

Del PD e del farsi male con le proprie mani

Debora Serracchiani
Debora Serracchiani

Il PD non è proprio mai contento e, dopo una stagione di tregua apparente che mi ha portato a riavvicinarmi e riprendere a sperare, ricomincia a farsi del male da solo.

Il segnale di queste elezioni è stato forte e chiaro: gli elettori non ne possono più di dirigenti di partito che pensano solo a fare i propri interessi. C’è voglia di cambiamento, voglia di giovani. Il simbolo di tutto questo è la schiacciante vittoria della Serracchiani, che è stata votata proprio perché ha saputo catalizzare questo sentimento. Dove il PD non è stato capace di intercettare questo desiderio di cambiamento, le conseguenze sono i ballottaggi, i pochi voti al capolista Berlinguer, le pesanti sconfitte.
Ad esempio, a Marzabotto, storica roccaforte della Sinistra anche per il ricordo della strage nazista (l’eccidio di Monte Sole), il PD ha incassato una sonora sconfitta; il nuovo sindaco eletto è un ex del partito (ed ex sindaco di Marzabotto stessa), espulso per la sua troppa voglia di cambiamento, che ha saputo vincere col 60% contro il 29% costruendo intorno a sè una squadra di giovani in gamba. Ne parla Il Giornale. Ne parla di continuo, in toni entusiasti, una mia collega che è proprio di Marzabotto.

Sembrava che tutto andasse per il meglio, invece il partito pare abbia già ricominciato con le vecchie logiche, ancora una volta incapace di fare una vera svolta. Cito in particolare tre articoli che mi ha fatto molto male leggere. Il primo, apparso su La Repubblica, parla dei malumori di partito che sta causando la vittoria della Serracchiani e delle possibili prossime mosse delle varie mummie (D’Alema, Rutelli, Veltroni, etc.). Il secondo è un commento di Luca Sofri all’articolo di Repubblica nel quale, fortunatamente, tale articolo viene contestato e presentato in una luce diversa. Il terzo viene da L’Espresso (via g.g.) e vi si tratteggiano i possibili futuri scenari interni del PD, scenari a tinte fosche, con le solite manovre di D’Alema.

La mia speranza è che, anche all’interno del PD, a partire dai circoli fino al congresso, possa affermarsi questa voglia di cambiamento e di rinascita, l’unico modo per iniziare, con oltre un anno di ritardo, a costruire veramente il PD stesso. Staremo a vedere.

Cofferati alle europee

Pare che si pensi di candidare Cofferati come capolista del PD in Lombardia – Piemonte – Liguria – Valle d’Aosta. Pare che gli altri candidati di quelle regioni, alle europee ma anche alle amministrative, non siano affatto d’accordo. Pare allora che si stia pensando di dirottarlo nella circoscrizione che comprende Bologna e Ferrara.

Dopo aver vissuto a Bologna e provincia, da studente e lavoratore, da pendolare e in affitto, conosco il sentire comune su Cofferati.

Candidarlo ancora dopo il fiasco di Bologna mi pare un grave errore, e ne terrò conto quando andrò a votare.

Il catto-comunista

Franceschini non rimane affatto zitto. Accusato da Berlusconi di essere un catto-comunista (e allora?), replica accusandolo di essere un clerico-fascista.

Finalmente qualcuno nel PD ha ricominciato a rispondere per le rime.

Non mi stupisce, invece, osservare che nelle prime pagine di oggi erano tutti sulle parole di Berlusconi e solo qualche sottotitolo riportava quelle di Franceschini. Che tristezza.

Di Soru e PD

La prima cosa che mi aveva colpito dei dati delle elezioni sarde, quando ancora c’erano poche centinaia di sezioni scrutinate e il risultato era ancora in bilico, è stato il “voto disgiunto”, cioè il fatto che in molti avevano votato Soru, ma si erano rifiutati di votare uno dei partiti che lo sosteneva.
Oggi leggo su Repubblica che lo scarto tra i voti a Soru e i voti ai partiti della coalizione sarebbe addirittura del 5%. Un dato che mi sembra enorme.

In sostanza, il personaggio Soru non ne esce poi così male. Chi ne esce veramente a pezzi, e c’era da aspettarselo, è il PD.
Non dirò nulla sulle dimissioni di Veltroni, perché non so veramente cosa dire. Per ora.

PD allo sbando

pd

Una sintesi interessante della terribile (per il Partito Democratico) giornata di ieri sta, secondo me, in questo resoconto di Luca Sofri e nel come la mozione sua e di altri sia stata respinta.

Interessante anche questo spunto del Mantellini sul perché trasmettere il tutto in diretta su Internet sia stata una pessima idea.

Mi chiedo che cosa passi per le loro teste. Se continua così, tracollo in Abruzzo sarà stato solo l’inizio.

L’antiberlusconismo in mezzo a noi

Ieri sera mi è capitato di guardare di sfuggita un pezzo di Ballarò.

Esponenti del PdL e del PD conversavano amabilmente complimentandosi a vicenda per l’inizio della terza Repubblica(*), segnata dalla fine dell’antiberlusconismo.
Vale a dire che anche il PD ha smesso di attaccare tutti quei “diffettucci” che negli anni passati sono sempre stati riconosciuti a Berlusconi, come il conflitto di interessi, il personalismo, procedimenti giudiziari vari, etc.

Di Pietro era l’unico che continuava ad affermare che lui di Berlusconi non si fida, che Rete 4 deve andare sul satellite, che gli indagati (o almeno i condannati!) non dovrebbero sedere in Parlamento, etc.

Ricordo distintamente che in quel momento ho pensato: quanti voti starà perdendo ora il PD?

Questa mattina, al lavoro, ne ho avuto la conferma. In modo del tutto casuale, ho sentito commenti di persone che, se lo avessero saputo prima, avrebbero votato Di Pietro e non il PD.
Aggiungo io che, probabilmente, ci sono anche molti che già alle passate elezioni non hanno votato il PD perché si è dimostrato troppo morbido con il rivale. Poteva vincere? Forse.

La mia sensazione è che molti italiani non vogliono che certi argomenti finiscano nel dimenticatoio. Sono nodi mai risolti e che possono essere dimenticati solo quando lo saranno. La sinistra ha avuto due occasioni per farlo, non l’ha fatto e io sono convinto che le elezioni, questa volta, le abbia perse esattamente per questo motivo.

Luttazzi fa satira al riguardo.

(*) dato che la Costituzione è ancora quella, si dà il caso che siamo ancora nella prima Repubblica e tutto il resto è solo un travisamento propagandistico dell’Italiano