Civatiani a loro insaputa

civati

Il gruppo, che a me piace definire dei Civatiani a loro insaputa, continua ad allargarsi e ora conta una nutrita pattuglia anche nella mia città, Ferrara.

Il primo membro illustre è stato D’Alema che, in questa intervista, ripercorre le tappe del tormentato periodo che ha seguito la non-vittoria di Bersani alle elezioni, fino alla mancata elezione di Prodi ad opera dei famosi 101 franchi tiratori, o traditori se preferite, ancora tutti anonimi. D’Alema nell’intervista dice, solo ora, che secondo lui andavano fatte tutta una serie di cose, esattamente le medesime che Civati diceva, inascoltato, allora. Se ne accorge anche Civati stesso, che in questo post dice la sua al riguardo.

Si è poi aggiunto un secondo membro molto illustre, Renzi, che ha proposto di “ridurre le tasse sul lavoro tassando le pensioni d’oro” (link), la stessa identica proposta che Civati porta avanti da anni.

Ora anche a Ferrara un gruppo, che si autodefinisce dei “non allineati”, scrive ai giornali (qui la lettera pubblicata da estense.com) una serie di questioni, richieste e proposte che sono uguali, o almeno molto simili, a quelle di Civati. Ad esempio:

È tempo che il Partito Democratico sia […], anche a livello nazionale, uno spazio dove elaborare una linea che permetta finalmente di prendere decisioni su questioni fondamentali, uno spazio dove produrre un supporto politico concreto all’agire amministrativo e dove creare una identità indispensabile al confronto. Questo passa anche da una piena consapevolezza sul ruolo di ogni singolo iscritto al partito, che può nascere solo da una riflessione profonda sulla responsabilità, la dignità e l’importanza dell’opinione e del contributo di ognuno.
Radicare ed organizzare sempre più a livello territoriale il Partito Democratico, renderlo sempre più agibile, metterlo a disposizione dei cittadini, contribuire ad elaborare e sostenere strategie di sviluppo compatibile e di ampio respiro per il bene della comunità sono per noi obiettivi irrinunciabili che devono trovare spazio nel dibattito politico e congressuale tout court.

Mi sembra proprio un caso perfetto di Civatiani a loro insaputa. La mia speranza è che la loro decisione di rimanere “non allineati” sia dovuta alla scelta di attendere per conoscere meglio le posizioni di tutti e non a strani calcoli di vecchia politica; che quindi queste persone, e tutti quelli che la pensano come loro, ascoltino senza pregiudizi cosa hanno da dire i vari candidati alla segreteria del PD e poi decidano almeno di votare, se non di sostenere apertamente, quello che li convince di più. Io sono fiducioso che potrà essere Civati.

PS: chi si chiede quali sono, più nel dettaglio, le posizioni di Civati, può trovare molto materiale nel manifesto che ha presentato insieme alle firme per la sua candidatura, il giorno 11 ottobre 2013; si intitola Il partito delle possibilità.

Civati e la fiducia a Letta

pippo_civati_twitter

In questi giorni il PD ha completato l’inversione ad U rispetto a qualche settimana fa: non più “governo del cambiamento” e “mai col PdL”, ma “large intese” e governo con Alfano e tutti gli altri dell’allegra combriccola.

La maggior parte della dirigenza del PD, mentre la base si lamentava, ha accettato in silenzio, con soddisfazione (più o meno nascosta) o con rassegnazione. Pochi hanno manifestato il loro dissenso. Pippo Civati è forse l’unico del PD che è arrivato al punto di non votare la fiducia al governo Letta, e qui ne spiega il motivo. Lo capisco e lo accetto.

Tuttavia io avrei agito diversamente. A mio avviso, a quel punto sarebbe stato giusto votare la fiducia; era giusto dare battaglia, come è stato, all’assemblea del gruppo parlamentare, ma poi mi sarei adeguato alla linea comune, pur mantenendo una riserva e manifestando il dissenso; perché se poi Civati vuole battersi al congresso e diventare segretario di un partito capace di contenere anime diverse è quella la linea: discutere anche aspramente e a viso aperto, ma poi fare una sintesi. Per essere chiari: non trovo utile l’idea della scissione.

Queste considerazioni non riducono affatto il mio giudizio assolutamente negativo sul modo col quale siamo arrivati a quel punto: il cambio repentino di direzione politica del PD, non spiegato e non discusso, ma deciso solo in poche stanze, con la proposta di Marini; lo scandaloso impallinamento di Prodi ad opera dei 101 anonimi; il seguente nuovo cambio di direzione, con Bersani a pregare Napolitano di ripresentarsi ancora una volta senza aver condiviso coi parlamentari tale linea (le alternative c’erano: capire chi erano i 101 e perché avevano fatto così, insistere su Prodi, convergere su Rodotà, sfidare i grillini su Zagrebelsky, etc.).

Posso accettare che il PD abbia l’abitudine di cercare gli accordi prima delle riunioni, ma non lo condivido: sarebbe stato giusto prendere le decisioni nei luoghi deputati allo scopo, non nei corridoi per poi farle ratificare alle riunioni. Quello che, però, non posso accettare, ed evidentemente neppure Civati, è che l’accordo prima delle riunioni venga cercato tra pochi, e non tra tutti; che un parlamentare come lui, che non fa parte di nessuna corrente, non sia interpellato e non abbia nessuna voce in capitolo. E’ assurdo ed è profondamente sbagliato e anti-democratico; quando, invece, il partito si chiama proprio democratico.

Ritengo che il modo sia anche la critica più forte che fa Civati e il motivo vero per il quale non ha ceduto e non ha votato la fiducia. Chiudo con le sue parole a sostegno di questa affermazione:

Ho però preferito dichiararmi contrario, perché non è il momento di «votare sì per dire no», perché mai come oggi la mancanza di dibattito è stata fatale, perché la chiarezza è il primo mandato che abbiamo ricevuto dai nostri elettori. Che tutto si sarebbero aspettati, tranne lo spettacolo degli ultimi giorni e l’esplosione delle contraddizioni di un partito che non sapeva dove andare. O forse lo sapeva benissimo, ma non aveva mai trovato le parole per dichiararlo (ammetterlo?) e il coraggio di pronunciarle, se non per “interposto Napolitano”. E non è serio e non è bello nemmeno questo.

La (tragica) situazione del PD

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Oggi ho scritto una lettera ad alcuni amici, e la riporto in parte qui, opportunamente adattata.

Scrivo questo post col cuore in mano e con un enorme peso che ancora mi grava sullo stomaco dopo gli eventi politici di questi ultimi giorni: la pessima idea di candidare Marini, l’impallinatura di Prodi, la prospettiva di un governo di larghe intese con Berlusconi. Negli ultimi tempi ho discusso con molti amici, sentendo una sensibilità ed una passione ma avvertita prima.

Io continuo a credere che solo un grande partito di centrosinistra possa vittoriosamente contrapporsi alla destra di Berlusconi e offrire un’alternativa migliore al facile populismo di Grillo. Di partitini di sinistra, divisi e capaci solo di contrapporsi e restare all’opposizione senza mai governare, ne abbiamo avuti fin troppi.

Prendo atto che Il PD è spappolato. Bisogna solo capire cosa succederà, tra le alternative possibili.

Io ho deciso di non stare a guardare, non lasciare che i soliti furbi si impadroniscano del mio futuro e di impegnarmi al massimo, per quanto posso, per fare in modo che ne venga fuori qualcosa di buono. La versione breve è: al congresso, l’unica speranza è Civati e, per quanto possibile, mi impegnerò per lui. La versione lunga (ma non troppo) continua qui di seguito. (altro…)