La svolta epocale del lavoro

Roomba3g

Non ci sarà più lavoro per tutti e non ci sarà alcuna possibilità di tornare alla piena occupazione.
Questo accadrà presto, molto prima di quello che ci aspettiamo. E non è detto sia un male, purché la cosa venga gestita.

Da qualche tempo non faccio che ripeterlo a tutti e, giusto oggi, ho letto due articoli al riguardo, entrambi collegati alla galassia grillina: uno addirittura sul sito di Beppe Grillo (via HP), dove non capitavo da anni, e uno sull’HP.

D’altra parte, ci pare sempre più normale far pulire casa ad un robot e pensiamo sempre meno dell’aiuto di un collaboratore o una collaboratrice domestica (in altri tempi: donna delle pulizie). Ci pare normale fare tutto via Home Banking, senza andare a fare la fila nella filiale della banca. E questi sono solo due minuscoli esempi, comprensibili a tutti. Ma tutto ciò è parte del mio lavoro quotidiano.

Ora il punto è riuscire ad immaginare e a proporre una visione di società dove questo fatto incontestabile e incontrovertibile si traduca in vantaggi per tutti e non, come accaduto fino ad oggi, in inimmaginabile concentrazione di ricchezza in mano di pochi.

Questo è esattamente il compito della politica di oggi. E spero che un qualche partito di sinistra si decida a fare questa analisi culturale e a fare propria queste e altre questioni epocali. Saranno le risposte che decideremo di dare oggi a plasmare la società dei prossimi anni. Le potenzialità positive sono enormi, ma vanno perseguite con consapevolezza, oppure prevarranno le cose negative.

Perciò lo ripeto: non ci sarà più lavoro per tutti e non ci sarà alcuna possibilità di tornare alla piena occupazione. Questo accadrà presto, molto prima di quello che ci aspettiamo. E non è detto sia un male, purché la cosa venga gestita.

La grande transizione matrioska

La politica serve solo se affronta questioni planetarie. La sinistra serve solo se lavora perché la grande transizione porti giorni migliori per i molti e non per i pochi.

Publiée par Giuseppe Civati sur Vendredi 2 mars 2018

Addio Bloglines

Tra meno di un mese Bloglines chiude, come scrive Ask.com, e per me è un vero lutto. Si tratta anche di un segno dei tempi che cambiano, ma per quel che mi riguarda non cambiano in meglio: i blog perdono importanza e tutto passa da Facebook&Co.

Almeno, però, potevano avvisare con un po’ più di anticipo. Ho qualche centinaio di post archiviati (o, come direbbe qualcuno, “starrati”) che devo trovare il modo di salvare. Devo poi trovare un lettore alternativo che mi permetta di essere facilmente sincronizzato nella lettura tra Mac e iPhone.

Aggiornamento: alla fine Bloglines rimarrà attivo o, meglio, sarà portato su un altro servizio, mantenendo gli stessi account. Comunque troppo tardi per me, che sono migrato a Google Reader.

iTunes 10

I nuovi pulsanti di chiusura in iTunes dieci sono orrendi. Completamente incoerenti con il resto dell’interfaccia di Mac OS, ineleganti e, in definitiva, orrendi. L’avevo già scritto? Orrendi.

PS: è il primo post che scrivo da quando, un secolo fa, ho aggiornato a WordPress 3.0 e già mi chiede di aggiornare a 3.0.1.

Facebook è il male

Facebook è il male, e continua a peggiorare.

A questo link si vede bene quant’è enorme la quantità di notizie che nel tempo sono state rese pubbliche come standard.

Ora, ancora peggio, l’utente non può più neppure decidere di non condividerle in quanto moltissime informazioni sono diventate pubbliche, accessibili da tutta internet, senza più la possibilità di tenerle solo per la “ristretta” cerchia degli amici. A quest’altro link viene mostrato quali sono.

Ecco un esempio di delirante messaggio di Facebook, visibile nelle impostazioni sulla privacy:

Queste impostazioni ti consentono di controllare solo le informazioni che gli altri possono vedere sul tuo profilo. Tali informazioni, come le Pagine che ti piacciono e la lista dei tuoi amici, continuano ad essere pubbliche, quindi potrebbero essere visualizzate altrove sul sito ed essere accessibili alle applicazioni che usate tu e i tuoi amici.

Lo traduco perché io ho impiegato qualche minuto a capirne il senso: queste informazioni sono comunque pubbliche e accessibili da tutti su internet, compreso google, compreso qualunque sito, comprese le applicazioni di Facebook che poi magari le usano per vendere pubblicità. Però, ti permettono almeno di non farle vedere direttamente sul tuo profilo, a condizione che tu vada nelle impostazioni a specificarlo.
Mi chiedo: se tanto sono pubbliche e accessibili da tutti, anche da siti esterni a Facebook stesso, quanto poco ha senso limitarne la visualizzazione sul mio profilo? Perché non mi permettete anche di impedirne la divulgazione?

In quest’altro esempio, però, tocchiamo il fondo:

Se i tuoi amici usano un’applicazione o un sito Web che tu non usi, puoi controllare alcuni tipi di informazioni a cui tale applicazione può accedere. Ti facciamo notare che le applicazioni potranno accedere al tuo nome, immagine del profilo, sesso e alle informazioni per le quali la privacy è impostata su “Tutti”. Potranno accedere anche alle tue connessioni, salvo quelle contrassegnate con un asterisco qui sotto.

Praticamente, se io consento ad un mio amico di vedere una mia informazione entro certe categorie (quasi tutte), quel mio amico “potrebbe decidere di” (ma la scelta di fatto mi pare sia l’impostazione standard, quindi sarebbe meglio dire “può, a meno di provare a impedirlo entrando nelle pagine di impostazioni di Facebook più nascoste e selezionando l’opportuna casella”) renderla pubblica su qualunque sito web e per qualunque applicazione. Alcune cose non posso in nessun modo impedire che siano così divulgate (nome, compleanno, luogo e altre), mentre per altre posso impedirlo solo andando a selezionarle appositamente in una lista.

Roba da matti.

Sentimento per Apple

Pur continuando ad apprezzare i prodotti di Apple, da tempo mi sono reso conto di non esserne più così affascinato perché è venuto meno il vecchio motto di Apple: Think Different.

Ormai continuo ad usare iPod, iPhone e MacBook Pro, e probabilmente a comprare sostituti in futuro, solo perché “they just work”, e funzionano meglio di qualunque altro concorrente. Non c’è più, però, il desiderio di avere un oggetto unico, costruito da un’azienda diversa, con un culto religioso per la soddisfazione dei propri clienti.

Mac Blog mi ha tolto le parole di bocca con questo articolo.

iPad e impossibilità di installare applicazione liberamente

Da qualche giorno, anche in seguito alla presentazione di iPhone OS 4.0, mi frulla in testa più del solito un interrogativo.

La Apple ha giustificato il fatto di voler controllare tutte le applicazioni installabili su iPhone dicendo che sul proprio cellulare la gente non vuole virus e altri programmi potenzialmente malevoli. Su iPad, però, sta facendo lo stesso: controllo assoluto di tutti i programmi installabili. Come lo giustifica? Che differenza c’è tra un iPad e un MacBook? Perché sul MacBook posso installare ciò che voglio e sull’iPad no?

Considerando anche che l’iPad promette veramente di rivoluzionare il concetto di computer portatile, temo fortemente che in un futuro prossimo sarà sempre più difficile fare ciò che vogliamo coi nostri computer; o almeno coi nostri Mac.

Qui lo dichiaro: se questa è la strada di Apple, penso sia molto peggio di quello che negli anni ’90 mi ha fatto passare da Windows a Linux. E là andrò di nuovo.

Nuovo iPhone OS

Il nuovo sistema operativo per iPhone presentato oggi è fenomenale. Apple è sempre un passo avanti.

Unico vero, grande, enorme problema: col mio iPhone 3G non avrò il supporto al multitasking, che è l’innovazione principale.

Delusione Apple

bootcamp

Ieri sera ho scoperto una cosa del mio nuovo MacBook Pro 13” che mi ha deluso profondamente.

Il problema riguarda la compatibilità con Boot Camp che, per chi non lo sapesse, è il software di Apple che consente di installare anche Windows e scegliere all’accensione quale dei due sistemi operativi utilizzare (Mac OS o Windows). Si tratta di una caratteristica ampiamente pubblicizzata da Apple, ma che ha dei problemi con gli ultimi MacBook Pro (almeno su quello da 13”, ma credo anche su quello da 15”) usciti a metà 2009. (altro…)

La guerra del Copyright

Paolo De Andreis scrive un bellissimo articolo su come le major affrontano la questione della difesa del Copyright e di come tutto ciò sia ormai assimilabile ad una autentica guerra:

Stiamo cioè parlando di guerra, di violenza, motivata come tutte le guerre da interessi economici ben sotterrati sotto proclami di principio. Una violenza che è arrivata al culmine e che richiede l’immediato intervento della politica se non proprio della polizia.

Assolutamente da leggere, per rendersi conto, o ricordare, di tutti i diritti un tempo considerati inalienabili e che stanno calpestando in nome della lotta alla pirateria; di come si cerchi in tutti i modi di impedire lo sviluppo di una Rete nella quale ciascuno sia protagonista, che sarebbe la sua naturale vocazione, e non solo consumatore.