FON, legalità e innovazione

FONMarco Calamari ha scritto su PI un articolo in cui si parla di diversi problemi che affliggerebbero FON. Risponde Andrea Beggi con argomentazioni tecniche e molti altri (non metto tutti i link, ma a partire da quello di Beggi si trova tutto). Io condivido in pieno i dubbi sulla legalità di FON in Italia, come spiegherò più sotto in questo posto.

In sostanza, FON è un sistema per creare una rete Wireless diffusa sul territorio, ottenuta dalla condivisione delle connessioni via cavo degli utenti stessi e accessibile liberamente o a pagamento. Scusate la semplificazione, chi vuole maggiori informazioni le trova sul sito di FON o con Google.

Leggendo i vari commenti, c’è una cosa che proprio non condivido. La si ritrova, ad esempio, in questo post ed è la presunta innovatività dell’idea che sta alla base di FON.
Io ritengo che non ci sia assolutamente nulla di innovativo nè di creativo. La novità consiste soltanto nell’aver colto il momento giusto e nell’aver reso accessibile e fruibile un’idea che già esisteva, ma che ancora non poteva funzionare. Un po’ come ha fatto Apple con l’iPod, che ha rivoluzionato il mondo dei lettori di musica portatili soltanto perché fino a quel momento esisteva solo l’idea, ma non la realizzazione, di un lettore molto capiente ad un prezzo accessibile. Vediamo meglio perché penso non ci sia nulla di innovativo.

Non ricordo se ne avevo scritto, non ho prove per confermare quanto sto per dire, ma la stessa identica idea di FON l’avevo avuta io non appena si era iniziato a parlare di reti Wi-Fi (almeno quattro anni fa, dovevo ancora trasferirmi a Bologna), e se l’avevo avuta io chissà quanti altri.
E quando dico indentica, intendo proprio identica: rete di punti di accesso nelle case degli utenti, accesso gratis per chi compra e condivide un punto di accesso, accesso a prezzo vantaggioso per gli altri.
C’erano anche alcune differenze. Io pensavo potesse essere necessario comprare alcuni punti di accesso (nel senso di offrirli gratis nelle case) con azioni mirate in zone particolari ancora prive di copertura (FON lo fa regalando il router, ma non discrimina sulla zona leggendo sul blog di FON, scopro ora che anche loro fanno qualcosa del genere); pensavo, inoltre, ad una struttura di tipo cooperativo, in cui tutti fossero soci; infine, a me non interessava coprire il mondo, ma solo Ferrara, allora dimenticata dall’arrembante FastWeb (le ADSL flat a prezzi decenti e veloci erano lontane anni) e dalle offerte per l’ultimo miglio del telefono fisso (questo vale anche oggi).

Allora l’idea non era realizzabile, perché non c’era la tecnologia per farlo. I punti di accesso costavano troppo, così come la banda da condividere. Sono pronto comunque a scommettere che in tantissimi avevano in testa progetti simili.
Poi le barriere tecnologiche sono cadute e la forza di FON è stata trovare il tempismo giusto e avere la forza ed il coraggio di agire a livello mondiale.

In Italia, comunque, sono subentrate le barriere legali. La mancata liberalizzazione, in Italia, delle frequenze su cui si poggia il Wi-Fi, poi la legge Gasparri ed infine il decreto Pisanu.

Ha ragione Calamari, quando scrive che FON in Italia è illegale. Sarà pure ingegnere e non giurista, ma è immediatamente evidente a tutti la verità di questa affermazione. L’unica via d’uscita, ammesso che sia concessa dalla legislatura italiana, sarebbe se FON stessa si configurasse come ISP, assumendosi responsabilità e costi per rispondere agli obblighi imposti da questo sbilenco insieme di leggi.
Per il resto, non vedo proprio come sia possibile pretendere di interpetare il decreto Pisanu in modo che il FON sia legale. Se chi gestisce gli Internet Point sta impazzendo per prendere i documenti di tutti, con la polizia che in molte città esegue effettivamente i controlli e fa chiudere chi non rispetta la normativa, come si può pensare che lasciare aperta la propria connessione Wi-Fi sia consentito? Forse, per ora, è tollerato. Anche perché molti router hanno una configurazione aperta di default e non tutti sanno come modificarla. Ma chi compra un router FON è consapevole di quello che fa e se il fenomeno dovesse continuare ad allargarsi, bisogna aspettarsi una presa di posizione chiara delle autorità. Che, per coerenza, non può che essere repressiva.
Una società italiana non può svilupparsi sapendo che prima o poi succederà qualcosa e che la sua attività potrebbe essere giudicata illegale, una società straniera, come FON, può farlo. Male che vada, abbandonerà il mercato italiano e noi, ancora una volta, saremo tagliati fuori dall’innovazione grazie ai nostri legislatori.FONMarco Calamari

Sia chiaro che qui non ci si vuole prendere il merito di niente. Questa cosa avrei potuto scriverla tempo fa, ma mi sono sempre trattenuto per evitare questo possibile fraintendimento. Il fatto che ora sia un argomento di attualità mi spinge a farlo e a dire che credo fermamente che in Italia sia illegale e che, se non lo fosse stato, qualcuno l’avrebbe fatto prima di FON.

8 Risposte a “FON, legalità e innovazione”

  1. Ok, avevi avuto la stessa idea. Bravo. Cioè, no… Peccato.
    Avresti potuto (dovuto) curare la tua intuizione in modo da tutelarne l’aspetto creativo e innovativo. Non l’hai fatto, it’s your fault. Punto.
    Comunque, l’innovazione sta nell’usare il network sociale per creare un network fisico. Il concetto di internet pervasivo magari non è nuovo ma il modo di raggiungere il risultato sfruttando una rete preesistente ed estendendola come propria lo è. Almeno a livello di marketing.
    Non mi addentro negli aspetti legali, credo però che dal momento che l’accesso al router FON è subordinato ad autenticazione, non sia neppure così difficile soddisfare i requisiti richiesti dalla normativa in termini di rispetto dell’identificabilità del fruitore della rete wifi.

  2. io insisto, e sono daccordo con te, sul fatto che sarebbe molto piu’ semplice portare il progetto avanti dal basso; e questo per vari motivi (che ho scritto e riscritto sui blog di beggi, zappa e mio) e che comportano un vantaggio principale:
    – partendo dal basso (esempio stupido: tutti con lo stesso wep “freewireless”) attiriamo moooolto meno l’attenzione del (folle, viste le leggi) legislatore (per le violazioni penali) e delle telco (per le violazioni civili dei contratti adsl), rispetto ad un’azienda che ha preso decine di milioni di euro (o dollari, ora non ricordo) per portare avanti questo progetto.
    e per chi è interessato al profilo Linus di FON, non cambierebbe assolutamente niente e l’obiettivo degli _utenti_ FON (e sottolineo utenti, che’ magari quelli dell’imprenditore sono diversi) rimane il medesimo: condividere wireless nel mondo.

  3. per matteo:
    come diceva beggi, e’ necessario conservare il log dell’ap per tenere memorizzate le “credenziali” di chi si e’ collegato.
    e questo sarebbe utile se e solo se i dati (e soprattutto, il modo in cui i dati vengono acquisiti da FON) sono “validi” per la legge italiana. E su questo ho i miei dubbi…
    Comunque, un modo abbastanza semplice sarebbe quello che FON permetta l’iscrizione agli utenti italiani tramite fax della carta d’identita’, ad es; questo in capo a FON comporterebbe dei costi e soprattutto degli oneri notevoli per la conservazione di tutti questi dati. E poi bisognerebbe anche vedere se per la legge italiana è sufficiente l’autenticazione sull’AP FON come “prova di essere una certa persona”.
    Tutto cio’ poi ha rilievo solo per i problemi del codice penale e non per quelli civili con le telco che vietano la condivisione dell’adsl…

    ripeto: che tu sia un foneros o “un semplice condivisore di adsl apolide” (eccomi), fallo e basta, senza troppa pubblicità.

    La verità è che telco e polizia postale potrebbero (dovrebbero nel caso della polizia, dato l’obbligo di azione penale) prendersi la bella mappina dei foneros italiani e procedere contro ognuno di loro, perchè di fatto stanno violando la legge e, anche, in maniera manifesta (pubblicizzandosi sul sito FON). Per fortuna non lo fanno, ma il paradosso è proprio questo.

  4. Orangeek. La polizia postale dovrebbe prendere la mappina e andare a verificare l’esistenza effettiva di ogni fon-spot.
    Te lo raccomando. La mappa non è reale e lo so perchè ho provato almeno 5 spot e NON ESISTONO!!!
    Ma se lo facesse davvero troverebbe 15 spot liberi e fuorilegge non FON ogni FON-SPOT realmente esistente.
    Come la mettiamo?

    Focalizziamo allora l’attenzione per un attimo sul tipo di startegia di mktg di FON. E’ stata tanto vincente da convincere migliaia di italiani a sposare la causa a prescindere dalla dubbia legalità formale dell’iniziativa sul territorio italiano.
    Ripeto.
    La cosa turba solo chi si trova ad arrivare secondo… Le telco (alcune telco), per le quali il mantenimento del digital divide è solo vantaggioso.

  5. @matteo: tu hai ragione sul fatto dell’intuizione. Ma proprio non volevo incentrare il dibattito su quell’aspetto (la mia presunta invenzione, che comunque non ritengo tale), non ne ho mai parlato prima proprio per evitarlo. Il concetto che volevo evidenziare (ciò che ho detto doveva servire solo a dare forza a questa affermazione) è che la vera innovazione, come dici anche tu, è nella strategia di comunicazione e nell’aver reso fruibile qualcosa, più che nella cosa in sè. E questo non vuole essere in nessun modo riduttivo (viva gli iPod, tanto per dire).

    Non credo che sia difficile rispettare alcuni degli obblighi di legge italiani (con autenticazione e compagnia), il fatto è che FON, semplicemente, non lo fa (e, da quel che so, non ha ancora risposto a questo interrogativo). E comunque, la normativa è talmente complicata e poco chiara che è difficile sia applicarla, sia essere sicuri di essere in regola. Anche se FON diventasse ISP (licenza, controllo accessi, …) rimangono interrogativi, a partire dal divieto di far passare reti Wi-Fi su suolo pubblico (perchè l’uso delle frequenze non è libero).

    Resta il fatto che la polizia postale dovrebbe controllare e più la cosa diventa diffusa, più è probabile (e in qualche modo giusto) che inizino a farlo.

  6. @matteo:
    il fatto che ci siano alcuni finti AP FON non cambia niente: si presume (si spera) che la maggior parte siano reali.
    Se la polizia postale va a giro a controllare – dici – beccherebbe un sacco di AP aperti “non legali e non FON”: vero.
    La differenza principale e’ che un utente FON registrato difficilmente se ne potra’ uscire dicendo che “non voleva condividere il collegamento ma semplicemente non sapeva come attivare la protezione della rete (wep, wap e quantaltro), mentre un normale individuo (magari senza un SSID del tipo “freewireless4everyone” 🙂 potra’ sempre spuntarla con mancanza di competenze necessarie.
    Per l’utente FON non c’e’ questo ambito di difesa: ha aderito ad un movimento ad hoc per condividere il suo collegamento adsl, in barba al codice penale e civile.
    La differenza e’ sostanziale.
    E bada: la “mia soluzione” non e’ certo una chicca formale ma e’ solo un prendere atto della (purtroppo ridicola) situazione italiana e proporre una soluzione.
    A parte questo aspetto strettamente pragmatico, poi, sinceramente non capisco il perche’ di tutto questo trambusto intorno a FON quando le persone, se solo avessero voluto, anche senza essere imboccate dall’imprenditore di turno, potevano farlo da tempo.
    Ed e’ esattamente quello che io ho fatto e faccio tuttora.
    Ripeto, comunque, che mi auguro che il nostro obiettivo comune, con FON o meno, venga raggiunto.
    Detto questo, giu’ il cappello per l’ “inventiva” e il fiuto imprenditoriale di chi ha inventato FON.
    Sulle telco: sicuramente io non sono un pro-telco (basta dare una lettura sul mio blog per rendersene conto), ma, imho, la tua visione della cosa (“La cosa turba solo chi si trova ad arrivare secondo… Le telco (alcune telco), per le quali il mantenimento del digital divide è solo vantaggioso”) e’ un po’ ingenua. E’ ovvio che le telco si incazzino se FON prende il sopravvento, ma dimentichi che:
    1. hanno tutto l’impianto giuridico a loro favore (civile e penale)
    2. hanno piu’ peso politico di una comunita’ di utenti (purtroppo)
    Di fatto loro non devono fare niente per difendersi: gli basta, quando reputeranno opportuno, di fare pressioni su chi di dovere per “colpire” gli utenti FON ( e tutti gli altri che palesano la volonta’ di condividere la banda) sul piano penale e agiranno personalmente su quello civile. A differenza delle denunce-monito della RIAA in America per il p2p, il “problema” di FON e’ che gli utenti sono troppo facilmente identificabili e perseguibili.
    La realta’ e’ che di questi tempi si seguono un po’ le mode e non si ha, imho, una visione obiettiva delle cose: qui non si discute il punto di quanto sia cool FON e i foneros, ma di quali siano le strade migliori e piu’ intelligenti da seguire per perseguire il _nostro_ obiettivo (wifi per tutti).
    Oppure, se non lo fa FON non va piu’ va bene?
    Se e solo se, le varie amministrazioni pubbliche che stanno wifizzando le varie citta’ italiane (Roma, Firenze, Pisa, ecc) concederanno il collegamento gratuito, andra’ bene o dovra’ essere per forza FON?
    Chiedo solo di riflettere su questo… e di quanto ne abbiamo _bisogno_.

  7. Orangeseek, il tuo scenario non esiste. La legge non ammette ignoranza. Utente Fon e utente con AP aperto sono esattamente la stessa cosa…

    Poi, Telco. Non confondere ingenuo con semplificato, non ho intenzione qui e ora (su blog cmq) di discutere dettagliatamente delle possibili politiche delle telco. Posso concordo con te in generale sui rapporti di forza, ma una comunità di utenti è anche un forte volano nella generazione di consumo e se parte una campagna negativa, chi viene travolto difficilmente si rialza. E’ già successo.

    E le telco lo sanno bene, perchè altrimenti si sarebbero già mosse.
    Ciao
    Matteo

  8. mmmh. ignorantia legis non excusat e’ noto, ma non e’ questo il punto che intendevo (e che ho spiegato male, a quanto pare): un utente puo’ anche conoscere leggi e quantaltro in materia, ma non e’ tenuto (non fa parte della diligenza del buon padre di famiglia, o comunque non ancora) cos’e’ wep, wpa, radius o altro in materia.
    Un utente con AP senza wep e con ssid “default” stai certo che avra’ meno difficolta’ di un utente FON a dimostrare di averlo fatto “per ignoranza tecnica” e non per far scroccare adsl; tuttalpiu’ che gli vendono gli AP senza cifratura.
    su Telco: dal tuo discorso consideravo la spiegazione ingenua, ma mi dici che non hai intenzione di approfondire ulteriormente. ok, ne prendo atto.
    Il discorso e’ che in Italia la vedo molto dura (seppur super auspicato, da parte mia) che risolvano il problema della legislazione in materia con un occhio di riguardo nei confronti degli utenti; e sul fatto che non si siano mosse, non credere. Avendo il coltello dalla parte del manico, possono muoversi quando vogliono. Non solo loro a dover beccare il momento giusto per vincere, ma siamo noi a dover correre per ottenere qualcosa. Come e’ successo con gli sms: li hanno fatti mandare gratis (o con fortissimi sconti), hanno visto che lo stavano utilizzando troppo e hanno interrotto la pacchia. Lo potevano fare perche’ la rete e’ loro e i contratti li possono modificare come preferiscono. e qui siamo allo stesso punto: rete loro, contratti adsl loro e codice penale dalla loro parte.
    imho, come DRM, p2p, cd audio e quantaltro, gli utenti devono darsi una mossa e basta.
    E FON ha permesso proprio questo. Non ci voleva un genio a dire “ehi, ma perche’ non condivido la mia adsl di casa con chi e’ di passaggio in modo tale che quando sono io di passaggio da qualche parte faccio lo stesso con adsl di qualcunaltro???”.
    Ma lui, Martin se non sbaglio, ha avuto l’idea, l’ha comunicata moooolto bene, ha attirato grandi capitali su di lui e… giu’ di cappello. niente da dire.
    Mi sembra solo che dietro FON si stia facendo un po’ troppo puzzo, che i foneros siano incredibilmente permalosi e che non e’ ne’ l’unico ne’ il miglior metodo per sharare wireless.
    Ancora nessuno mi ha spiegato qual’e’ il problema (e gli svantaggi rispetto a FON) di tenere semplicemente aperto il suo AP

    ciao

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